Il mio padre nostro

Ho smesso di sentire la solitudine tanti anni fa, dopo averla mangiata come pane quotidiano per un lungo tempo. In un periodo in cui sentivo che nessuno rimetteva a me i miei debiti, in una città che amavo ma che non ricambiava il mio amore. Andavo a letto con la speranza di non svegliarmi più, visto che avevo smesso di credere nei miracoli. Sul piano della cucina avevo decine di scatole di antidepressivo. Mi corteggiava ogni giorno, io ogni giorno gli ho resistito per due lunghi anni. O la resurrezione o la morte, evidentemente una piccola forza interiore mi spingeva a testare fino a che punto avrei potuto farcela senza aiuto. Sentivo di sapere che se fossi riuscita a venirne fuori, mai e poi mai avrei riprovato ancora una volta nella vita la depressione, la solitudine più nera, la paralisi emotiva, l’intontimento delle lacrime.

Così è stato, mi sono liberata dal male.

Questa riflessione mattutina, che può sembrare triste, ma che in realtà non lo è affatto, è scaturita mentre accendevo la macchina per il caffè. Quella stronzetta sembra aspetti solo me all’alba per lampeggiarmi e ricordarmi che : manca l’acqua dal serbatoio o va riempito il macinino o va svuotato il vassoio con la posa. Volevo solo bere il mio caffè lungo e forte e bollente con panna e leggere qualche pagina del mio romanzo. No invece, con gli occhi ancora semichiusi ho dovuto sfaccendare un po’ prima di poter godere della santa pace e gustare il mio caffè.

Nulla arriva senza un po’ di sacrificio in questa vita.

59 pensieri su “Il mio padre nostro

  1. Bello, bello, bel post.
    Per incominciare: “Nulla arriva senza un po’ di sacrificio in questa vita” . Già che c’eri potevi spingere sulla tastiera e affermare tout court: “Senza un bel po’ di fatica” , impliciti i due aspetti: fisica e morale.
    Per il resto, suppongo che ci si sia ritrovati più o meno tutti nella nuvola buia da te descritta, in leggerezza ma con precisione.

    Nota (banale): Ma che diavolo di caffè pasticciato è l’intruglio macchina-panna… cannella e magari zenzero e,,, Puah! Vai con la vecchia moka, non dico l’antidiluviana “napoletana”… e rifatti ai sacri testi di Eduardo (De Filippo)

    Ciao, e scrivi, scrivi che ti leggo sempre con piacere e simpatia… 🙂

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    1. Grazie Guido, lo avro’detto mille volte ma non mi stanco mai di pensare che i tuoi commenti,il tuo incitamento sono un balsamo per la microscopica pseudo scribacchina che e’ in me.
      Il caffe’ con la panna e’una meraviglia se non hai problemi di colesterolo, ma sinceramente anche se li hai perche’ e’ meglio vivere poco e bene che i soliti mille giorni da pecora magra. Mi sono convertita alla macchina del caffe’ da pochi mesi, in realta’ ne ho una professionale tipo quella del bar, mi ha fatto venire la gastrite, ma ripeto i piaceri bisogna abbracciarli fino in fondo…come un bel partner anche se sai che poi ti spezzera’ il cuore. Un caro e caro saluto!

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    2. Mi permetto di intervenire, anche se non ci conosciamo. Un pizzico di cannella dentro il filtro della moka, insieme alla polvere di caffè, è il trucco che mi ha rivelato la gentilissima padrona di casa del blog qui presente.
      Ti suggerisco di provarlo perché rende il caffè delizioso 🙂

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      1. x melasbacata.
        No problem, intervieni pure che più il cerchio si allarga e più diventa allegra compagnia.
        In effetti, il trucco suggerito e da te ripreso, immagino perfettamente che possa rende il caffè delizioso, e capisco anche come possa abbinarsi a una sensibilità femminile, la dote, e questa per me è la delizia, per cui posso perdermi con gli occhi in una donna, fosse una sconosciuta, che mai conoscerò.
        (Come si vive senza baco?)
        A presto! 🙂

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      2. Perdersi nello sguardo o nelle fattezze di uno sconosciuto è un gioco intrigante.
        (il baco c’è, garantisco, il nome è una parola macedonia tra sbagliata e bacata e quindi…. sbacata!)
        a presto 🙂

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  2. Bene, contento che hai buttato via tutte quelle scatolette! Certo, se già al mattino presto parti con tutti sti pensieri…ragazza mia stai peggio di me! Io in genere li faccio la notte mentre al mattino mi alzo e vado col pilota automatico facendo tutto meccanicamente senza riflettere e poi…per fortuna vado a Tè quindi al massimo posso esagerare troppo con l’acqua bollente! 😀

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  3. πάθει μάθος (páthei máthos, per quelli che come me non sanno il greco).
    Si impara soffrendo (o soffrendo si impara). Non che mi piaccia soffrire, ma meglio riuscire da soli e non aspettarsi regali da nessuno: quello che ottieni lo apprezzi di più.
    Sei geniale e arguta e tosta, come sempre.

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  4. qui, dalle mie parti, quasi 40 anni ce li ho da un po’ di tempo. che sia senso di solitudine, paura, angoscia, ma anche che sia uno sfolgorante senso di appagamento o di felicità apparentemente immotivata (cose se tutte queste esperienze avessero bisogno di un motivo per palesarsi agghindate), fino a che non ci fai l’amore, restano lì con le valigie in mano e te non capisci se stanno arrivando o se si stan tirando fuori dai maroni

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  5. Complimenti per esserne uscita.
    So benissimo cosa sia la depressione, quindi ti capisco alla grande!
    Forza e avanti tutta.
    Ti auguro che le tue vele, abbiano sempre il vento favorevole per stare alla larga da quella “ terribile” malattia.
    Un abbraccio energetico💪🏻

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  6. Paralisi emotiva che diventa paralisi del tempo finché realmente non si ritorna ad avere pace anche “solo” bevendo un caffè (macchinetta permettendo)
    Un testo che si riesce a scrivere mooolto dopo la liberazione, felice che tu l’abbia fatto

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