Il pensionamento di Dio

Era notte fonda quando iniziò l’apocalisse. La terra cominciò a girare forte, i cieli si aprirono, gli angeli cascavano giù, i venti sollevavano ogni cosa. Anche i più piccoli insetti erano travolti. Nessuno era risparmiato. Un turbinio di tutto, una grande centrifuga in cui erano mescolati carcerati e preti, puttane e suore, bambini e vecchi. Ognuno era sotto accusa, ognuno aveva commesso una colpa, anche i neonati erano macchiati del peccato originale.

Il mattino dopo, tutto si placò, nessuno ricordava chi fosse, da dove venisse, che cosa facesse o cosa gli appartenesse. Solo i santi lo sapevano e ogni santo tornò alla sua chiesa di pertinenza. San Pietro a Roma, San Francesco ad Assisi , Santo Antonio a Padova e via dicendo.

Regnò temperatura mite ovunque, da polo nord a polo sud. Non ci furono più malati, non c’erano più mestieri o professioni. Nessuna regola da dettare o da seguire, regnava il buon senso. Persino le mosche avevano capito che a loro spettava ronzare sui prati o sopra gli escrementi, senza infastidire altre creature viventi. Dio andò in pensione. La bontà era ovunque quindi non c’era più ragion d’esser per l’opposto del male, che era stato spazzato via. Ognuno credeva in sé e negli altri come parte di sé.

Si scoprì che le anime delle creature erano sempre state le stesse, da migliaia di secoli a questa parte. Si reincarnavano all’infinito, rinnovando senza fine il miracolo della vita e il suo entusiasmo. Ci si rincontrava a ogni turno, allacciando relazioni volta in volta diverse. Le anime originariamente facevano parte di un intero, che si spezzettò e diede loro origine. Pezzi di anime adiacenti rimanevano per sempre unite e vicine in ciascuna reincarnazione. Sparì così la paura della morte.

Fu buona cosa il pensionamento di Dio.

La passera di Figaro

Maestro Ciccio è il barbiere della città. Il suo salone è seminascosto in un vicolo cieco del centro storico. All’interno tre poltrone di pelle verde, datate 1915 e provenienti dalla Chicago di Al Capone. Come siano arrivate nell’entroterra dell’Italia meridionale è un mistero che Mestr’Cicc non vuole svelare. Diversi turisti gli hanno offerto cifre esorbitanti per acquistarle, ma lui, con mezza cicca spenta, a denti stretti, schiocca la lingua e risponde un secco “Noni”.

Su quelle poltrone Mestr’Cicc ha fatto il baffo a tutti.

Nel retrobottega c’è una tavola, con un nudo bulbo di lampadina appeso sopra. La vera maestria col rasoio Mestr’Cicc la dimostra qui, quando le vecchie comari, con il collo gonfio di finto contegno e desiderio, vi si sdraiano sopra. Pochi, sapienti colpi e via lu pilu dalle ascelle e dalla “natura”. Le persone semplici vivono con molta più naturalezza il godimento, il tradimento e la lussuria in genere. Il piacere si prende dove e come si può, senza preamboli o pudori.

Ma se c’è una cosa che il Maestro continua a non capire sono li femmini che si vogliono far tagghiari tutto lu pilu. L’amore è tanto più bello quando incolto.