Emanuele

Emanuele era un superstite della prima guerra mondiale ed il mio bisnonno. Durante la battaglia sul Monte Grappa, fu colpito da una granata lanciata dall’esercito austro-ungarico. Perse così un pezzo di osso cranico. Sagacemente diceva che questo aveva dato più respiro alle sue idee. Ferito e rimasto solo, discese tutta la montagna premuto sul fondoschiena e fu ricoverato per tanti mesi. A guerra finita, gli venne assegnata una casa nel palazzo dei Mutilati della sua città. Generò dieci figli con nonna Agnese, stipati tutti allegramente sotto lo stesso tetto. Ogni angolo della casa di notte si trasformava in un posto letto per accomodare ognuno. Negli anni si aggiunsero anche i nipotini, il cui babbo era emigrato in America in cerca di fortuna. I racconti di questa vita familiare stregavano la mia attenzione di bambina. I pasti scanditi da menù diversi ma fissi per ogni giorno della settimana. La prima porzione sempre servita al capo famiglia, ma il pezzo migliore ai più piccoli. I chili di paranza comprati a buon mercato dal pescatore per sfamare tutti, che davano tanto daffare in cucina alle donne della famiglia. Quando a volte nonna storceva il naso all’ennesima frittura da preparare, Emanuele incline alla collera se contraddetto, apriva impetuoso la finestra della cucina e lanciava giù tutto l’involucro del pesce. Lì sotto si radunavano i gatti del cortile, abituati alla scena che si ripeteva a settimane alterne! L’appuntamento serale con i vicini, riuniti attorno all’unica radio del condominio per l’ascolto dei romanzi narrati. L’involucro giallo e rasposo per alimenti riciclato come carta da bagno.

Il cruccio più grande di nonno era quello di non avere la pancia grossa, sinonimo di abbondanza e benessere a quei tempi.

Pare che durante un diverbio con un vicino, questi gli urlasse dietro nella tromba delle scale:

-Lei è uno sciattone!

Nonno rispose:

-Ma grazie, ma grazie!

Non si è mai saputo se non conoscesse il significato della parola o avesse invece dismesso l’insulto con del sarcasmo. Io credo un po’ tutte e due le cose, perché agli orrori della guerra, e degli uomini, nonno aveva imparato a sopravvivere con un pizzico di pungente e consapevole ignoranza.

23 pensieri su “Emanuele

      1. guerra a parte, doveva essere un bel vivere. Oggi, che abbiamo perso quelle “genuinità” e “genialità”, siamo tutti insoddisfatti, nervosi, pronti alle aggressioni verbali, depressoidi… e qui mi fermo, dai 😉

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  1. Giusto ricordare, queste cose non sono scritte nei libri di Storia, eppure la realtà di ogni tempo è fatta da tutti questi episodi di gente anonima e del loro quotidiano.
    Interessante, inoltre, il confronto col presente, e le differenze che il confronto evidenzia. Ci permette di renderci conto di chi siamo e dove siamo 🙂

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      1. Eh, eh, con dieci figli era difficile soffrire di solitudine! I figli di oggi soffrono anche di soffocamento, spesso figli unici, tutte le aspettative e le attenzioni sono su di loro… mai un attimo libero… una vitaccia!

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  2. Conosco molto bene il Grappa . Le mie origini sono venete e ho dei cugini che abitano a Bassano. Bella la tua storia. E ascoltare racconti di questo tipo, ricordando la vita di un tempo è un tornare indietro ai periodi più belli della nostra vita, anche se più difficili. Ma anche se tali era tutto più profondo e vero. Un abbraccio. Isabella

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  3. Mi piacciono questi spaccati di vita lontana. Troppa gente ha dimenticato chi siamo e da dove veniamo. A parte ciò trovo da sempre che la migliore difesa contro un’offesa sia smontarla in quel modo privando l’altro della soddisfazione di averci colpito!

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